Consob e criptovalute

La dichiarazione del presidente della Consob

In data 26 ottobre 2020 in un intervento nella rubrica giornalistica di SkyTG24 sulle criptovalute, il presidente della Consob Paolo Savona ha ammesso la necessità per l’intero sistema monetario internazionale di confrontarsi con la realtà di una nuova entità di scambio: la criptovaluta.

Essa, ha confermato, possiede le medesime caratteristiche della moneta, laddove può essere utilizzata come metodo per assolvere obbligazioni di natura pecuniaria, ma, in alcuni casi, si trasforma in un vero e proprio prodotto finanziario a carattere speculativo. 

Il dott. Savona ha dovuto confermare che, ad oggi, il sistema legislativo è fortemente arretrato ed incapace di disciplinare una realtà ormai consolidata e, se le Autorità competenti non si determineranno rapidamente a creare una struttura normativa in grado di consentire agli Stati il controllo della fase di emissione delle criptovalute, tutti i sistemi monetari attuali rischiano di trovarsi inadeguati e di perdere la predominanza del consenso: ciò perché, ha affermato che ci troviamo di fronte ad un fenomeno ormai planetario e la cui diffusione ha superato ogni ragionevole previsione.

Il superamento dei confini normativi

Il fatto che prima la Banca Centrale Europea ed ora Consob “ammettano” l’esistenza di un fenomeno implica, che prossimamente esso verrà normato in modo più circoscritto rispetto ad ora, dove, comunque, note pronunce della Suprema Corte Europea hanno ammesso l’utilizzabilità della criptovaluta per adempiere obbligazioni. Ma occorre porre l’accento sul fatto che Consob si stia preoccupando della perdita della sovranità di conio per lo Stato e della componente sociologica della criptovaluta: ovvero la possibilità di decentralizzarne la produzione e lo scambio mediante il superamento dei confini territoriali e normativi. 

E’ molto interessante il passaggio del discorso di Savona laddove spiega come egli sia intimorito dell’assenza di una “certa” riconducibilità allo Stato della parte produttiva di valori spendibili: come se, improvvisamente, egli dimenticasse che ogni Stato nel mondo emetta moneta liberamente al fine di consentire la dematerializzazione dei valori di scambio. 

Il discorso dell’autorevole esperto, per quanto mi attiene, mi ha ricordato gli interventi preoccupati dei soloni di un tempo che fu, prima della caduta del muro di Berlino: pareva che ogni saggio pensasse alla palese ingiustizia che il muro rappresentava nella sua essenza di oltraggiosa compromissione della libertà di movimento di un intero popolo, in spregio a tutte le dichiarazioni e le costituzioni in vigore: in realtà il predetto saggio, non faceva altro che inviare un messaggio di invito alla cessazione di una palese compromissione di principi meta-storici di libertà e “neminem laedere”. 

Popolo sovrano e libero scambio

Lo smarrimento che permea l’intera intervista di Savona è forse rappresentato dall’incapacità dell’ordinamento giuridico di risolvere un conflitto ormai evidente tra libertà e legalità laddove le garanzie costituzionali (art. 2 e 41 primo comma della nostra Costituzione) e le norme primarie, hanno sempre cercato di tutelare l’autonomia privata (che, si ricorda, è il principio cardine del nostro “Diritto Privato”), ma si stanno nebulizzando di fronte all’ostinata tracotanza del sistema monetario centralizzato, che impedisce agli individui liberi di creare strumenti di scambio a-territoriali e trasparenti nella loro fluida percorrenza delle vie dell’etere.

I governi centrali ormai sono impotenti di fronte alla Banca Centrale Europea che, si ricorda, è una proprietà privata, come del resto lo è Banca d’Italia (che annovera 143 istituti privati fra i propri azionisti ove spiccano Intesa San Paolo, Unicredit s.p.a, Generali s.p.a,  Banca Carige – Inps).

Ciò posto, le istituzioni finanziarie predette hanno giocato la loro ultima carta per prevalere sulla democrazia monetaria: diffondere il principio secondo il quale normare significa controllare, violentando, invece, il principio legale del “contratto sociale” di Rousseauiana memoria in base al quale l’unica forma di associazione che risponde all’essenza della natura umana è lo Stato democratico: esso consente da un lato di riunirsi in una sola entità, ma dall’altro di conservare la propria libertà e uguaglianza; nel nuovo Stato, il popolo è il Sovrano.

E’ solo il caso di ricordare che, per il celebre autore, il cittadino è al contempo sovrano (poiché la sovranità appartiene al popolo di cui fa parte) e soggetto nel momento in cui egli decide di sottostare alle Leggi che egli stesso ha contribuito a formare.

La criptovaluta risponde perfettamente a questo paradigma, ma eleva ed attualizza il concetto di Stato oltre la dimensione dei confini territoriali ovvero spostandolo nell’etere: qui si superano i condotti della disciplina convenzionale di norme ancorate alla Nazione Geografica, perché l’ambito operativo di produzione e scambio di dati (che ora sono considerati “valori”) avviene attraverso percorsi, ove non può esistere un‘autorità nazionale, bensì un nuovo concetto di unione mondiale planetaria la cui appartenenza diventa una scelta e non un vincolo.

Oggi esistono nuovi concetti aggregativi di genti e popoli, ben più strutturati e veloci che superano i vecchi e stantii concetti del secolo scorso: non si comprende perciò il motivo per il quale, in un mondo in cui il trasferimento delle informazioni, delle immagini ed anche delle persone, avviene senza intermediari, l’individuo libero non possa far transitare la propria ricchezza spendibile su vettori diversi da quelli precostituiti.

Ciò che più ha stupito dell’intervento della persona attualmente più autorevole nel panorama normativo monetario italiano, è che egli non abbia neppure fatto cenno alla tecnologia con la quale sono create le criptovalute (in particolare quella di cui ha più parlato, ovvero il celebre BITCOIN): come è noto, infatti, la criptovaluta, a differenza delle monete tradizionali, fonda la propria struttura sulla Blockchain, il noto registro distribuito certo, inalterabile ed autoreferenziante che certifica come la sua produzione ed il suo “controllo” siano totalmente e democraticamente decentralizzati.

 

E’ quindi evidente come si sia raggiunto uno stato di superiorità rispetto al conio tradizionale: ma, allora, viene da domandarsi perché non ne venga consentito il libero sviluppo.

Poniamoci ora ulteriori quesiti:

1- Possibile che ordinamenti giuridici così raffinati da riuscire a far convivere nel medesimo ambito giuridico del territorio, paradossi legali come il concetto di “cittadinanza” e di “apolide”, non riescano a normare la criptovaluta con leggi a-territoriali? 

2- Perché le fonti di conio convenzionali e tradizionali non si avvicinano alla Blockchain? 

3- Forse perché gli stati europei non sarebbero in grado di giustificare da dove provengano tutti i denari che stanno erogando per la pandemia? 

4- In base a quali criteri di garanzia stanno emergendo quantità di monete “scritturali” che invadono le casse di governi che, sino a Febbraio 2020, annaspavano in una crisi irreversibile?

Cercheremo le nostre risposte.  

Avv.to Sergio Oliveri

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